Lo studio Legale Laudante offre ai propri clienti un’assistenza completa, per ogni singola esigenza, mirata ad individuare la soluzione migliore per i singoli casi.

Viene fornita un assistenza completa nelle singole materie del diritto canonico sia per le dichiarazioni di nullità matrimoniali avanti ai Tribunali Ecclesiastici Episcopali, avanti alla Rota Romana ed al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, sia in ambito penale ed amministrativo canonico, anche in relazione a religiosi e diocesani, il tutto grazie alla collaborazione del Procuratore Ecclesiastico, Avv. Monica Minacapelli,

Espleta inoltre assistenza avanti a Curie italiane, cause di diritto penale, civile, separazioni e divorzi, affidamento minori, successioni e testamenti. La competenza, la serietà, la precisione, e la puntualità costituiscono gli elementi fondanti di una conclamata professionalità.

Il continuo aggiornamento legislativo da parte dei componenti dello studio e l’utilizzo di una fornita biblioteca, e delle banche dati informatiche aggiornate in tempo reale, hanno sempre caratterizzato l’attività svolta, e hanno determinato una crescita costante ed importante della clientela.

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Cosa c ‘è da sapere:

Il Processo di nullità matrimoniale

Molto sommariamente, a mero scopo divulgativo, descriviamo l’iter di un possibile procedimento di nullità matrimoniale canonico.

Il processo ha inizio con la presentazione in prima istanza di un libello da parte dell’attore presso il Tribunale Ecclesiastico, in cui vengono descritti i fatti e le ragioni in diritto per cui viene chiesto l’accertamento della nullità del matrimonio. A pena di nullità del procedimento stesso, deve partecipare, oltre alle parti, il Difensore del vincolo, una figura istituzionale interna al Tribunale che ha il compito di evidenziare tutti gli aspetti della vicenda per cui il vincolo debba essere ritenuto valido e non nullo.

Successivamente il Tribunale, ammesso il libello, emetterà un decreto con cui formulerà il capo o i capi di nullità, dopodiché ha inizio l’istruttoria. La parte convenuta in giudizio potrà difendersi a mezzo di un avvocato, detto Patrono, ovvero potrà anche astenersi rimettendosi alla giustizia del tribunale.

Verranno citati ed ascoltati i testimoni ed eventualmente anche i periti nei casi previsti dalla legge (impotenza ed incapacità). I testimoni vengono scelti sia da parte attrice che da parte convenuta. Il perito viene nominato direttamente dal Tribunale d’ufficio tra una rosa di tecnici accreditati.

Conclusa l’istruttoria il Tribunale concede termine alle parti, per deposito di memorie difensive chiamate restrictus e di eventuali repliche. Il difensore del vincolo depositerà invece delle memorie chiamate animadversiones.

Allo scadere del termine per il deposito delle suddette memorie il Tribunale, composto normalmente da un collegio di almeno tre giudici, emetterà la sentenza che stabilirà se, all’esito del procedimento svolto, consti o meno la nullità del matrimonio ai sensi dei capi di nullità come decretati.

Ai fini della possibilità di sposarsi nuovamente in chiesa dal 2015 non necessita più una sentenza doppia conforme. La sentenza di primo grado diviene infatti esecutiva dopo 15 giorni dalla notifica alle parti, le quali non abbiano interposto appello entro quel termine.

Infine, per il recepimento della sentenza di nullità presso lo Stato Italiano, ai fini civili, sarà necessario che la sentenza ormai definitiva, venga portata avanti alla Corte d’Appello Italiana competente per il procedimento di Delibazione. Dopodiché detta sentenza sarà trascritta nei registri anagrafici dello stato civile.

Il processo matrimoniale breve davanti al vescovo

IL PROCESSO  BREVIOR .

Con la lettera apostolica in forma di Motu Proprio, Mitis Iudex Dominus Iesus, il Sommo Pontefice Francesco, ha modificato il processo canonico per le cause di nullità del matrimonio nel codice di diritto canonico, istituendo tra l’altro il così detto processo brevior  per risolvere i casi di nullità più evidente.

Il processo BREVIOR è da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti.

Tra i canoni riformati, quelli dal 1683 al 1687 del Codice di diritto canonico riguardano il processo più breve, alternativo al processo ordinario, da attivarsi solo in determinati casi.

La riforma ha così stabilito:

Can. 1683. Allo stesso Vescovo diocesano compete giudicare la cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta:

la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro;

ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità.

Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i cann. 1683-1687, si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, ecc.

Motivi di nullità del matrimonio

• impotenza

L’impedimento di impotenza, disciplinato dal can. 1084 del codice di diritto canonico (c.i.c.) attiene all’incapacità, sia per l’uomo che per la donna, di porre in essere l’atto sessuale per cause di diversa natura organica, ad es. per l’uomo incapacità di erezione del membro o per la donna il vaginismo, ovvero di natura funzionale, quando l’impotenza deriva da cause psichiche. Per rendere nullo il matrimonio la norma stabilisce che l’impotenza copulativa deve essere antecedente al matrimonio nonché perpetua, sia da parte dell’uomo sia da parte della donna, sia nei confronti di qualsiasi soggetto (assoluta), sia nei confronti solo del proprio partner (relativa). Si dice perpetua l’impotenza che non è guaribile se non con mezzi illeciti o straordinari che ad. es. possano mettere a repentaglio anche la vita dello stesso paziente. Occorre distinguere infatti la perpetuità canonica dalla perpetuità medica.

Se l’impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo.

La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, a meno che la parte sterile abbia nascosto dolosamente la sua condizione al coniuge il quale se avesse saputo della sterilità non avrebbe acconsentito a contrarre matrimonio.

• incapacità per insufficiente uso di ragione

Sono incapaci a contrarre matrimonio coloro che mancano di sufficiente uso di ragione. L’uso di ragione indicato al numero 1 del can. 1095 attiene alla natura dell’atto presente quando per un motivo contingente la parte non abbia sufficiente ragione per comprendere il patto matrimoniale che sta per concludere. In quel momento il nubente non ha il dominio congiunto e armonico delle sue facoltà sensitive, appetitive, intellettive e volitive, necessario a far sì che il suo atto di contrarre sia atto umano (Villadrich). Questo può avvenire a causa ad esempio di assunzione di farmaci, alcool, ovvero sostanze stupefacenti.

• incapacità per difetto di discrezione di giudizio

L’incapacità consensuale attiene anche coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente. Il soggetto in questo caso non è in grado di valutare dal lato pratico, gli effetti del matrimonio che sta per contrarre, sia in relazione a se stesso sia in relazione al coniuge. L’incapacità intellettiva valutativa relativa al matrimonio stesso o al futuro coniuge, che deve essere derivante da grave discrezione di giudizio, si traduce in una incapacità di scegliere quel determinato matrimonio ovvero quel determinato partner come coniuge. La discrezione di giudizio è dunque una maturità psicologica proporzionata al passo impegnativo e decisivo del matrimonio. Detta discrezione è intesa come una maturità psicologica non comune e la sua mancanza può essere definita come immaturità, anche di tipo affettivo.

 

• incapacità per cause di natura psichica

Coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Dette cause rientrano in psicopatologie che l’antropologia richiede essere serie. Non bastano infatti delle semplici difficoltà insorte tra i coniugi per dichiarare la nullità del matrimonio. Giova riportare una celebre espressione di Giovanni Paolo II: “Il fallimento dell’unione coniugale non è mai in sé una prova per dimostrare tale incapacità dei contraenti, i quali possono avere trascurato, o usato male, i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro disposizione, oppure non avere accettato i limiti inevitabili ed i pesi della vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia, sia per lievi patologie che non intaccano però la sostanziale libertà umana. Una vera incapacità è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia che comunque si voglia definire, deve intaccare sostanzialmente la capacità di intendere o volere del contraente.”

Le cause di natura psichica possono essere varie tra cui: il narcisismo, il transessualismo, il lesbismo, la ninfomania, il voyerismo, il sadismo, il masochismo, la noncuranza o negligenza strafottente (“menefreghismo”), il satirismo, l’alcolismo cronico, la tossicodipendenza etc.

• ignoranza

Perché possa esserci un valido consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l’uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale.

Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà. Corre l’obbligo di osservare che le norme di diritto canonico sono state date per ogni tipo di società che esiste sul nostro mondo e dunque vanno ad interessare anche popoli in cui tale tipo di ignoranza potrebbe ancora incontrarsi.

• errore

L’errore è una falsa conoscenza della realtà per cui la volontà di un atto dipende dalla convinzione dell’esistenza di una situazione di fatto che in realtà non esiste. L’errore di persona rende invalido il matrimonio laddove ad esempio: “pensavo di sposare Tizio, invece ho sposato Caio”.

L’errore circa una qualità della persona, quantunque sia causa del contratto, non rende nullo il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa direttamente e principalmente. Un esempio classico è quello del coniuge che contrae matrimonio con il partner che ritiene (erroneamente), essere medico laureato in medicina e proprio questa qualità di medico ha determinato principalmente e direttamente il suo consenso. Ai fini della dichiarazione di nullità occorre distinguere che l’errore cada sulla sostanza e non sulla persona. La nullità ha luogo pertanto nel caso in cui il coniuge ha inteso: “Voglio sposare un medico, che ritengo essere tizio”. Diverso sarà invece il caso: “Voglio sposare Tizio, che ritengo essere un medico”. Nel secondo caso l’errore ricade sulla persona e non sulla sostanza e dunque il matrimonio sarà valido.

L’errore circa l’unità o l’indissolubilità o la dignità sacramentale del matrimonio non vizia il consenso matrimoniale, purché non determini la volontà. Ad esempio Tizio sposa Caia solo sul presupposto (erroneo) che il matrimonio non sia indissolubile ovvero che non sia un sacramento e che, in qualsiasi momento potrà riacquistare la propria libertà tramite il divorzio risposandosi con un’altra persona.

• dolo

Il dolo è un vero e proprio inganno voluto coscientemente, relativo ad una qualità particolare che viene ordito nei confronti della comparte per estorcergli il consenso nunziale. Il codice stabilisce che contrae invalidamente chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale. L’inganno può essere ordito sia dall’altro coniuge sia da terze persone diverse dal coniuge, come ad esempio suoi parenti.

• simulazione

La simulazione è una difformità tra volontà interna e manifestazione esterna. Il codice stabilisce che il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio. Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente. La simulazione viene detta anche esclusione.

Si ha la simulazione totale quando il contraente esclude il matrimonio nella sua totalità interpretando il rito del matrimonio in realtà una rappresentazione teatrale. In questo caso il simulante esclude sia le proprietà che gli elementi essenziali del matrimonio.

L’esclusione dell’indissolubilità si verifica quando il contraente manifesti una riserva mentale per cui escluda l’indissolubilità del matrimonio ritenendo di potere divorziare qualora le cose non vadano bene durante la vita coniugale.

L’esclusione della prole attiene alla volontà di procreare dei figli nel corso del matrimonio. In questo caso occorrerà esaminare attentamente se l’uso di metodi anticoncezionali sia finalizzato ad una procrastinazione della procreazione ovvero ad una esclusione assoluta della volontà di avere figli.

L’esclusione dell’unità coniugale ammette la possibilità di avere delle relazioni sessuali con altre persone diverse dal coniuge in corso di matrimonio. Si nega pertanto l’esclusività della donazione di se al coniuge.

L’esclusione della dignità sacramentale si ha quando il contraente esclude che il patto matrimoniale sia esso stesso sacramento. Egli vuole il matrimonio ma esclude il sacramento, e se il matrimonio dovesse essere sacramento, rifiuta il matrimonio stesso.

• condizione

La condizione è una circostanza esterna da cui dipende l’efficacia di un atto giuridico. Non si può contrarre validamente il matrimonio sotto condizione futura mentre il matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della condizione. Pertanto nel caso in cui il contraente ritenga: “ti sposo a condizione che tu sia un avvocato (condizione presente) oppure a condizione che tua abbia fatto il liceo artistico (condizione passata)” il matrimonio sarà valido se effettivamente nel momento della celebrazione il coniuge è avvocato o se a suo tempo si è diplomato presso il liceo artistico.

Non sarà invece valido ad es. il matrimonio in cui viene posta la condizione: “ti sposo a patto che entro due anni dal matrimonio farai abitare mia madre anziana in casa nostra”. In questo modo il legislatore ha cercato di evitare dei vincoli futuri e dunque, ancora incerti, al volontario consenso matrimoniale.

• timore

Il timore è la trepidazione o l’inquietudine dell’animo a causa di un pericolo immediato o futuro. È invalido il matrimonio celebrato solo per violenza o timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio. Solo il timore grave incusso dall’esterno invalida il matrimonio. In caso di timore reverenziale il matrimonio non è nullo a meno che detto timore reverenziale non sia rivestito di gravità, nel qual caso potrebbe dare adito a nullità.

• la forma canonica

Il sacerdote che non abbia i requisiti formali di delega per assistere al matrimonio può determinare una causa di nullità per difetto di forma canonica.

Costi dei processi

 I costi processuali si compongono sostanzialmente di due voci:

A) Le tasse giudiziarie

La parte attrice, al momento della presentazione del libello, è tenuta a versare un contributo per concorrere ai costi della causa. Esso è fissato in € 525.

La parte convenuta non ha alcun esborso economico, a meno che non decida di agire in giudizio con un proprio avvocato; in tal caso, al momento della presentazione del mandato, è tenuta a versare la somma di € 265,50.

B) Le spese per l’avvocato

L’onere economico comprende due voci: l’onorario e le spese vive.

a) L’onorario copre l’attività di consulenza preliminare, l’assistenza durante l’istruttoria e la redazione di memorie difensive.

Poiché ogni causa è diversa da un’altra e richiede maggiore o minore attività legale, l’onorario può variare da € 1.575 fino ad un massimo di € 2.992.

In caso di processo di appello con rito ordinario, a quanto stabilito in primo grado va aggiunto un onorario che può variare da € 604 fino ad un massimo di € 1.207.

b) Per spese vive si intendono: I.V.A., cassa avvocati, consulti con altri esperti, trasferte, produzione di materiale probatorio.

C) Le condizioni di indigenza.

Le parti possono chiedere al tribunale la riduzione o l’esenzione dal versamento della tassa giudiziaria.

Le parti possono anche chiedere l’assegnazione di un avvocato d’ufficio.

Sarà il Preside del Collegio giudicante, dopo aver acquisito gli elementi necessari per la valutazione del caso, a decidere in merito.

D) Le cause dinnanzi alla Rota Romana.
Le cause dinnanzi alla Rota Romana, data la natura del Tribunale e la particolare preparazione necessaria per patrocinare dinnanzi ad esso, hanno onorari che esulano da quelli sopra citati ma in ogni caso non possono essere esorbitanti.

Vi è poi da sottolineare che è prevista la possibilità, per i meno abbienti, di essere ammessi a forme di patrocinio gratuito o semigratuito anche dinanzi alla Rota Romana